Progetto a cura di Tatiana Olear
in collaborazione con Ariella Vidach, Manuel Renga e Fabio Brusadin
Lavori di Valeria Fornoni, Daniele Menghini e Margherita Scalise del Terzo anno Regia
con i danzatori del Terzo Anno
Emilio Bagnasco, Livia Bartolucci, Alice Corio, Alessandra Cozzi, Elisabetta Da Rold, Agnese Gabrielli, Niccolò Giorgini, Gianmaria Girotto, Simone Mazzanti, Camilla Neri, Francesca Rinaldi, Pablo Ezequiel Rizzo, Bruna Romano
luci: Paolo Latini, Simona Ornaghi
scene: Alice Capoani, Mattia Franco, Roberto Manzotti
costumi: Enza Bianchini, Nunzia Lazzaro
Ingresso libero
prenotazione obbligatoria
Per prenotare scrivi una mail a r.paparella@fondazionemilano.eu
indicando nome e cognome, numero di posti da riservare e data esatta
Siamo giunti alla terza edizione di "Finestre sull'immaginario", progetto dedicato alla drammaturgia d’immagine il cui scopo didattico è quello di far sviluppare ad ogni allievo/a regista un’opera artistica originale, basata su un materiale di propria scelta e giustificata da una forte motivazione personale.
Agli allievi viene richiesto di generare un’idea e di esprimerla avvalendosi dell'uso della pluralità di linguaggi espressivi.
Il focus del laboratorio di questa edizione è sulla videoproiezione e sulla danza, sul movimento dei performer nello spazio. Agli allievi viene dunque richiesto di elaborare un progetto di spettacolo della durata di un’ora e produrre, con l’aiuto di una coreografa, 20 minuti di presentazione scenica, nonché di curarne personalmente i contenuti audiovisivi.
La rappresentazione coinvolge per la prima volta gli allievi del terzo corso danzatori e sarà aperta al pubblico.
Altro obiettivo didattico è l'elaborazione di una scheda artistica dell'intero spettacolo che sarà spendibile anche presso operatori teatrali e istituzioni culturali al di fuori della scuola.
Il focus sulla videoproiezione è stato curato dal regista e videomaker Manuel Renga e dal cameraman e videomaker Fabio Brusadin, che hanno illustrato agli allievi, a livello teorico e pratico, le possibilità dell'uso della proiezione e del videomapping. Mentre l'approfondimento del lavoro coi performers in relazione allo spazio e alla videoproiezione è stato affidato alla coreografa Ariella Vidach.
I tre progetti presentati seguono logiche diverse:
- Judith di Margherita Scalise è la rielaborazione del Libro di Giuditta dell’Antico Testamento
- Ɛἶδος (Èidos) di Valeria Fornoni è uno studio sul significato che può assumere oggi il mito delle Baccanti
- Ecce Homo – Liturgia Profana di Daniele Menghini invece è costruito sulle suggestioni evocate dal romanzo di Umberto Saba Ernesto e da alcuni altri materiali letterari, poetici, pittorici e musicali.
ECCE HOMO
Liturgia Profana
Di Daniele Menghini
#PRIMO STUDIO
con
Emilio Bagnasco, Livia Bartolucci, Alice Corio, Elisabetta Da Rold, Niccolò Giorgini, Gianmaria Girotto, Simone Mazzanti, Francesca Rinaldi, Pablo Ezequiel Rizzo, Bruna Romano
Scheda artistica
Ecco Homo è una performance multimediale sviluppata attorno ad alcune suggestioni tratte da Ernesto, l'unico romanzo di Umberto Saba, scritto nel 1953, rimasto incompiuto e pubblicato postumo nel 1975.
L’operazione vede coinvolto un collettivo di dieci danzatori che interagisce con un dispositivo scenico in cui la macchina teatrale è completamente deliberata, e l’azione – che acquista una sua natura rituale – è calata in una dimensione fortemente evocativa.
Ad essere invocati – all’interno di questa liturgia dell’iniziazione - sono i fantasmi di un giovane alle prese con la tempesta che precede l’età adulta, chiamato a fare i conti con la propria identità, con un corpo che non risponde come dovrebbe, con la carne che comincia a reclamare altra carne. Inevitabilmente.
È sul dramma privatissimo e intimo di questo adolescente di fine Ottocento che ci affacciamo, solo per vedere riflessa quella lotta contemporanea – ma forse meglio dire “eterna” – che ognuno di noi è chiamato a combattere per affermare la propria identità, dentro o fuori dagli schemi e dalle regole convenzionali della morale comune.
Una partitura per corpi e suoni caratterizzata dalla compresenza e dall’interazione di più linguaggi: da una parte il video, a cui è affidata la funzione della drammaturgia visiva attraverso una selezione di dettagli pittorici – deformati e smembrati – appartenenti all’iconografia cristiana, dall’altra parte il corpo del performer che è immerso nell’immagine e ne diventa estensione. Un dispositivo che diventa soggettiva del protagonista anche dal punto di vista sonoro: la musica barocca fa da contraltare a suoni elettronici distorti, creando un ambiente acustico che è espressione di un conflitto aperto e irrisolto.
Un “Oratorio” profano in cui riecheggiano – anche solo nei gesti che rendono omaggio al Tanztheater della Bausch e al mondo onirico di Papaioannou – i tormenti di un vecchio Saba, ma anche di un giovane Petrarca, di Michelangelo, Tasso, Pasolini, Nietzsche, Mishima, Huysmans.
Un rito iniziatico della propria identità, del “chi sono”.
Cristo o Dioniso?
Daniele Menghini
JUDITH
di Margherita Scalise
con Emilio Bagnasco, Livia Bartolucci, Alice Corio, Elisabetta Da Rold, Nicolò Giorgini, Gianmaria Girotto, Simone Mazzanti, Francesca Rinaldi, Pablo Eze Rizzo, Bruna Romano
Scheda artistica
Judith è uno spettacolo di danza ispirato al Libro di Giuditta dell’Antico Testamento. Lo spettacolo incrocia i linguaggi della danza contemporanea (con ispirazioni da Ohad Naharin e Sasha Waltz) e della proiezione video, con un uso metaforico di oggetti.
Il Libro di Giuditta parla della capacità di riuscire a vedere lontano: a fronte di un mondo in cui la disperazione miope impedisce di creare progetti a lungo termine, Giuditta è l’unica persona che riesce a escogitare un piano di salvezza con conseguenze durature. La capacità di visione di una singola donna, ispirata dalla fede, riesce a cambiare le sorti del suo popolo.
La fede è qui intesa come un atto di affidamento e ascolto supremo, è il saper vedere più in là del presente. L’affidamento permette che il progetto che ciascuno ha su di sé sia modificato da ciò che accade intorno.
Oggi c’è bisogno di nuovi eroi: persone comuni che abbiano la capacità di stare in ascolto, di prevedere ciò che accadrà e di agire per tempo. C’è bisogno di pensieri a lunga gittata, di progetti che costruiscano un mondo duraturo, di soluzioni che prevengano i problemi di domani.
La struttura dello spettacolo è narrativa e ricalca la struttura del Libro: seguiamo così la storia dell’assedio di Betulia, la disperazione del popolo israelita, la decisione della vedova Giuditta di agire, l’incontro con Oloferne e la sua celeberrima decapitazione.
L’impianto scenografico è essenziale: una tenda a frange divide lo spazio in due, come una metafora sulla miopia della visione. I colori preponderanti sono l’oro e il nero, che richiamano al tempo stesso il trascendentale e l’oscuro.
Margherita Scalise
Ɛἶδος (ÈIDOS)
di Valeria Fornoni
con Alessandra Cozzi, Agnese Gabrielli, Camilla Neri
Scheda artistica
Il progetto nasce dalla necessità di chiedersi che cos’è una donna al giorno d’oggi, al di là della sua posizione sociale, politica. Cos’è il suo corpo, al di là della sua funzione di genere. Lo studio si è ispirato sulla figura mitologica della Baccante. Da dove viene e qual è la sua identità, soprattutto quando si allontana dal suo valore corale all’interno della celebre opera di Euripide?
Il progetto si è sviluppato inizialmente come uno studio storico, filosofico, letterario ed iconografico, per procedere poi con un’indagine sociale. È stato creato un questionario che poi è stato sottoposto alla parte femminile dell’Accademia. Il materiale raccolto è stato poi rielaborato in una traccia drammaturgica che ha svolto la funzione delle linee guida del processo creativo condiviso con le performer. Alle danzatrici sono state rivolte le stesse domande del questionario che sono state oggetto di improvvisazioni, che a loro volta hanno costituito il materiale sul quale si è costruito il lavoro scenico finale.
La parola greca Èidos del titolo è usata in senso di forma, aspetto, un sottoinsieme dei modi possibili di manifestarsi di un’entità. In questo lavoro si è voluto soffermarsi sull’aspetto metamorfico del corpo femminile delle performer nella loro peculiarità, nella liberazione - qui il confronto con la figura mitologica della Baccante - dalle forme prestabilite della nostra società contemporanea.
Lo spazio della rappresentazione è astratto. Una luce bianca che delinea delle figure geometriche, una sorta di cella in cui le performer sono costrette a muoversi secondo movimenti prestabiliti. Una gabbia che nel corso del tempo muta la sua forma portando il corpo a voler liberarsi e ad acquistare la propria specificità.
Valeria Fornoni