Ingresso gratuito – prenotazione obbligatoria – r.paparella@fondazionemilano.eu
Dallo scorso anno, parte del percorso didattico del Corso di Recitazione Teatrale, si è incentrato su un progetto ideato dalla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi e Mimmo Sorrentino, docente e regista con pluriennale esperienza nel teatro sociale e di comunità, in collaborazione con la Casa di Reclusione di Vigevano.
Il progetto di Mimmo Sorrentino ha coinvolto gli Attori del Terzo Corso di Recitazione Teatraleche, insieme alle detenute, hanno elaborato e sviluppato un testo originale per lo spettacolo “Dammi solo un minuto” andato in scena ad aprile 2017 nel teatro del Carcere di Vigevano.
Questo spettacolo è stato il risultato di un laboratorio didattico di recitazione e drammaturgia sviluppato all’interno della Scuola Paolo Grassi, e di un successivo lavoro creativo svolto all’interno della Casa di Reclusione insieme alle detenute attrici che, in questa occasione, sono state “maestre di teatro” dei nostri allievi.
La partecipazione dei giovani attori alla “vita carceraria” è stata totale: nei giorni del laboratorio hanno condiviso tempo, ritmo e spazio con le docenti/detenute e guardie carcerarie (luoghi di prova, aule, laboratorio e mensa).
Il percorso di apprendimento è iniziato con la visione di uno spettacolo teatrale dal titolo “L’infanzia dell’alta sicurezza” interpretato dalle stesse detenute, per iniziare a mostrare ai nostri allievi il tipo di coinvolgimento personale necessario in questo lavoro.
Questo schema continua anche nell’anno accademico in corso.
Venerdì 26 gennaio 2018 alle 20:30 in Sala Teatro - Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi, va in scena “Sangue”, scritto e diretto da Mimmo Sorrentino e interpretato da sei detenute e sei Agenti di Polizia Penitenziaria del reparto di alta sicurezza del Carcere di Vigevano che racconta dei delitti di sangue a cui queste donne hanno assistito.
“Sangue” è lo spettacolo da cui inizia la nuova edizione del progetto di teatro sociale e di comunità che impegnerà gli Attori dell’attuale Terzo corso Recitazione Teatrale e le detenute, in collaborazione con la Casa di Reclusione di Vigevano
Riteniamo questo un momento molto importante per la crescita dei nostri allievi attori, sia per l’esperienza vissuta, che per il rapporto creato con le detenute e con la complessità di tutta la struttura carceraria.
NOTE DI REGIA
Lo spettacolo, interpretato da sei detenute del reparto di alta sicurezza del carcere di Vigevano (le stesse de “L’infanzia dell’alta sicurezza) e sei Agenti di Polizia Penitenziaria dello stesso carcere, racconta dei delitti di sangue a cui queste donne hanno assistito e di come l’abnorme vissuto si sia incestato nei loro corpi. Mentre nel nostro precedente spettacolo “L’infanzia dell’alta sicurezza” si raccontava il tempo dell’infanzia, il tempo mitico, svelando dall’interno valori, simboli e storie dei contesti familiari della criminalità organizzata, con “Sangue” si svela il “reale” di questi contesti. Il “reale” non è da confondere con la realtà. Anzi. Piuttosto il reale la scompagina. La realtà è il sonno ristoratore. Il reale l’incubo che sveglia. E “Sangue” altro non fa che danzare sul pozzo del reale mostrandone la profonda e oscura bellezza. Un luogo dove si acquisisce la consapevolezza che il dolore è il lievito della felicità: “…Io da allora ci penso. Penso seriamente di andare a vivere con mia nuora e mio nipote quando uscirò di galera. Ci penso, anche se è ancora lungo il tempo che mi resta da trascorrere in carcere e sono ormai alle soglie della vecchiaia. Ci penso, anche se pensarci è per me pericoloso, perché mi commuovo e mi sale la pressione e io soffro di pressione alta e di cuore. Ma ci penso anche se mi fa male pensare alla felicità.” Come nell’Infanzia dell’alta sicurezza, anche “Sangue” nasce dall’ascolto delle storie delle detenute, nessuna delle quali recita la propria. In esso non vi è nulla di giustificatorio, nulla di retorico, ma si tenta di aprire squarci di umanità e produrre poesia in persone e contesti dove la poesia era stata bandita, violentata, cancellata. Il dolore raccontato in “Sangue” sfugge alle analisi sociologiche di genere. Sfugge ad una letteratura di stampo iper realista. È il dolore delle donne Caino di cui nessuno sa niente. E per queste ragioni esso è uno spettacolo di emancipazione sia per chi lo interpreta e sia per il pubblico che vi assiste.
In scena anche sei Agenti di Polizia Penitenziaria. Mentre nell’Infanzia il carcere era per tutte queste donne un orizzonte possibile, in “Sangue” costituisce lo statuto delle storie. È il pozzo che le rende possibili perché esse stesse sono l’acqua del pozzo. Così le sei Agenti le seguiranno sul palco allo stesso modo di quando le scortano nei vari spostamenti fuori dal carcere e le illumineranno con le stesse torce che usano di notte per verificare ogni tre ore che non siano evase o non si siano suicidate. Ma è nell’essere sul palco con le detenute che fa diventare lo spettacolo rivoluzionario, non solo per il significato e il valore che ciò ha nel contesto carcerario, detenute e agenti partecipano ad un progetto comune, ma soprattutto perché la loro luce, pur mostrando la ferita, l’accarezza
Mimmo Sorrentino