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Brera Musica, 19 dicembre dalle 18.00 alle 21.15 - in Pinacoteca con gli allievi della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado

Terzo giovedì del mese, tre euro, tre ore di musica Pinacoteca di Brera, via Brera 28 MI ingresso 3 euro

Brera Musica
Terzo giovedì del mese, tre euro, tre ore di musica
Pinacoteca di Brera, via Brera 28 MI
19 dicembre 2019 ingresso 3 euro
ore 18.00 - 21.15 (chiusura biglietteria ore 21.40)

con gli studenti della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado

L’appuntamento mensile del terzo giovedì con Brera Musica e gli studenti della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado nella Pinacoteca di Brera prosegue il 19 dicembre con la classica e affollatissima non-stop, dalle ore 18.00 alle 21.15. Il pubblico potrà visitare liberamente le sale e, contemporaneamente, ascoltare i giovani musicisti, che si collocheranno in diverse postazioni all'interno della Pinacoteca. Gli studenti saranno inoltre disponibili a rispondere alle domande dei visitatori, in un inconsueto, dinamico scambio tra le arti. La scelta del programma, come sempre, scaturisce dalle emozioni personali che i dipinti suggeriscono ai giovani interpreti.

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Duo Rembrandt
Stefano Gerard, violino barocco
Céline Pasche, arpa barocca e flauto

La musica del secolo d'oro olandese
“Il secolo d’oro olandese, o Gouden eeuw, è forse il periodo di più grande prosperità della storia dei Paesi Bassi, sia dal punto di vista economico sia culturale. Il tratto dominante di questa parte di storia è una fondamentale apertura commerciale e culturale dal respiro internazionale che possiamo trovare anche nell'Olanda dei nostri giorni. Uno dei più grandi esponenti della pittura olandese fu senza dubbio Rembrandt Harmenszoon van Rijn (Ritratto di una giovinetta, sala I), la cui storia è strettamente legata alla comunità ebraica portoghese e spagnola di Amsterdam. Negli stessi anni, gran parte dei Paesi Bassi era sotto la dominazione asburgico-spagnola e questo determinò una grande fortuna delle arti della penisola iberica nei territori olandesi. La famosa raccolta di Bartolomé de Selma y Salaverde di Canzoni, Fantasie e Correnti ebbe infatti un enorme successo nel resto d’Europa. L’Olanda rappresentò un territorio fertile per il fiorire delle arti, un favorevole e liberale crogiuolo di culture. Dal punto di vista musicale, ne è prova l’opera ‘T Uitnement Kabinet, un compendio delle melodie più amate dall’aristocrazia olandese provenienti da ogni angolo d’Europa. I confini neerlandesi includevano anche le Fiandre, e le sorti di questi territori erano fortemente legate a quelle del grande impero di Carlo V. Della musica di quell’epoca è arrivata sino a noi una preziosa raccolta di canti detta Het Antwerps Liedboek, una stampa di testi e canzoni che si cantavano all’epoca nell’altrettanto cosmopolita città di Anversa. Era prassi dell’epoca sedersi attorno a un tavolo, imbracciare uno strumento e cantare i testi contenuti in questo libro, improvvisando l’armonia. La pittura olandese spesso ritrae il calore domestico, come riparo dal gelo dell’Europa del Nord, e i quadri sovente trattano dell’intimità delle famiglie più abbienti.
Al pari della pittura, possiamo immaginare la musica dell’epoca come un’altra declinazione della convivialità quotidiana di questo popolo”.
(Gerard/Pasche, note)

PROGRAMMA
Bartolomé De Selma Y Salaverde, Canzona a canto solo
Jacob Van Eyck, Doen Daphne d’over schoone Maeght
Johann Schop, Praeludium, Pavana Lachrimae, O Waerde Mont
Pierre Francisque Caroubel, Le Spagnolette

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Arianna Campia e Greta Fisler, chitarre

Ritratti musicali
“I ritratti esposti nella sala XXXII appartengono alla corrente del Manierismo, termine derivato dalle Vite di Vasari con il quale a partire dal ‘600 è invalso l’uso di raggruppare un certo numero di pittori che operarono principalmente a partire dagli anni Venti del XVI secolo e particolarmente a Siena e a Firenze; definizione ricca di sfaccettature in quanto racchiude in sé sia l’elemento d’elaborazione perfezionistica degli altissimi livelli artistici raggiunti durante il Rinascimento da Leonardo, Raffaello e Michelangelo sia il superamento degli stessi tramite elementi di rottura dichiaratamente anticlassici che permettono un’evoluzione del linguaggio pittorico in direzione d’una maggiore tensione e irrazionalità. Allo stesso modo, anche il programma musicale proposto presenta un sostanziale legame con forme musicali nate e sviluppatesi in epoche anteriori ma riprese poi in un contesto differente. Il fatto stesso d’ammirare un ritratto (parola le cui radici riconducono al Latino retrahere) pone davanti agli occhi al medesimo tempo un’estrapolazione dal contesto, specialmente d’una figura umana, e un tentativo estremamente concentrato di ricreare la dimensione che aveva fornito sostanza e forma all’opera d’arte. La Música Incidental Campesina del cubano Leo Brouwer è strutturata tramite l’accostamento di quattro brevi brani (preludio, interludio, danza e final) i quali hanno, nella loro propria natura e nel loro insieme eterogeneo, l’intento mimetico (chiaro nel titolo) tipico delle musiche di scena, le cui radici sono da ricercarsi nel “teatro musicale” della fine del XVI secolo, attraverso il quale la musica cominciò ad acquisire sempre più importanza all’interno della rappresentazione teatrale, evolvendosi da mero intermezzo indipendente a parte integrante dell’azione scenica, dalla quale trae spunto anche a livello contenutistico. Chiaramente ispirati a tradizioni tipicamente popolari sono invece i quattro brani tratti dalla raccolta Spanish and Southamerican Folk Songs, trascritti ed arrangiati per due chitarre da Len Williams; queste melodie sono infatti riconducibili a canzoni del folclore spagnolo e sudamericano. Altrettanto palese è il riferimento alla celeberrima raccolta bachiana Das Wohltemperierte Klavier contenuto nell’op. 119 Les Guitares bien temperées di Mario Castelnuovo-Tedesco, opera costituita, analogamente alla composizione di Bach, da ventiquattro preludi e fughe in tutte le tonalità sia maggiori sia minori. Il collegamento fra l’op. 34 n. 2 di Ferdinando Carulli e un elemento musicale già definito nella sua natura e nel suo carattere in epoca anteriore si colloca invece sul piano puramente strutturale, con riferimento soprattutto al rondò, i cui primordi formali risalgono al XIII-XIV secolo, quando questa struttura si consolida prima nella musica vocale per poi estendersi pure alla polifonia strumentale”.
(Campia e Fisler, note)

PROGRAMMA
Leo Brouwer, Música Incidental Campesina
Len Williams, Spanish and Southamerican Folk Songs - Salamanca, El paño moruno, El puerto, Cubana (arr. Len Williams)
Mario Castelnuovo-Tedesco, Preludio e fuga n. 3 in la minore; Preludio e fuga n. 12 in do maggiore (da Les Guitares bien temperées, op. 199)
Ferdinando Carulli, Largo e Rondò op. 34 n. 2

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Matteo Emanuele Vacca, violino

Per quanto il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, artisticamente parlando ma non solo, possano apparire molto lontani da noi e, in primo luogo, a loro modo, imbrigliati in formalismi esteriori, è proprio in quei duecento anni circa che vede la luce per la prima volta una rigorosa formulazione e applicazione di un principio retorico al mondo musicale. Nasce infatti la “teoria degli affetti”, o “Affektenlehre”. Ed ecco che tre opere di un compositore tanto isolato da potersi considerare sostanzialmente fuori tempo, per così dire; opere che potrebbero colpire unicamente per la loro austerità, solennità e maestosità, sorprendono oltre ogni dire. La prima sonata per violino solo di Johann Sebastian Bach si tinge di toni ora mesti, come nell’adagio, che, per la sua particolare struttura, pare quasi una fantasticheria, una meditazione, costruita su poche lucide suggestioni, ora più drammatici, come nella potente, concisa ed estremamente energica fuga (in tempo di allegro). La siciliana diversamente sviluppa un discorso assai intimo e raccolto, quasi elegiaco, mentre il presto finale, pur nel suo essere così concitato, possiede una potenza comunicativa quasi statuaria, concludendo degnamente l’opera. La seconda partita, per via delle danze, ha un valore aggiunto di maggiore scorrevolezza e narratività, procede più cadenzata e direzionata, sin dall’allemanda, quasi una trenodia, attraverso la corrente, intrinsecamente inquieta e agitata, la sarabanda, dignitosa riflessione sulle dolcezze e le amarezze dell’esperienza umana, la giga, molto simile al presto della prima sonata, per arrivare, infine, alla leggendaria ciaccona, brano eccezionale che riassume in sé tutto quanto detto finora.
La terza partita a mio parere rappresenta una via di mezzo tra le due; comincia anch’essa con un’allemanda, dal carattere però più francese, più ritmico, cui segue un double, anch’essa una danza la quale sviluppa però delle variazioni sul movimento obbligato precedente, e così vale anche per la corrente, la sarabande e il tempo di Borea, pilastri fondanti della suite (o, in questo caso, partita). Si hanno quindi come delle meditazioni su di una narrazione estremamente varia anche se chiaramente riconducibile a un nucleo di base che origina sia l’agile tempo di Borea che la posata e intensa sarabanda.
Pluralità di temi, apparente libertà formale, trasfigurazione dei toni sono le parole chiave per connettere i dipinti con la musica, la quale potenzia le capacità d’introspezione di chi osserva e ascolta; i toni funerei del “San Girolamo penitente” di Tiziano Vecellio, in aggiunta a quelli religiosi degli altri quadri del Veronese e del Tintoretto, instaurano uno stretto legame di arricchimento reciproco tra tutti i brani del programma e i quadri della sala IX, costituendo un’esperienza di fruizione artistica quasi totale e un’atmosfera pregna di spiritualità che conferisce estrema profondità persino ai momenti di silenzio che intervallano l’esecuzione strumentale”.
(Vacca, note)

PROGRAMMA
Johann Sebastian Bach
Sonata I, BWV 1001, in sol minore per violino solo
Partita I, BWV 1002, in si minore, per violino solo
Partita II, BWV 1004, in re minore per violino solo